L’Ayurveda e il Buddismo

L‘avvento del Buddismo nella storia indiana ebbe un influsso notevole su tutti i ceti sociali. Durante il periodo dal 323 a.C. al 624 d.C. in cui il Buddismo fu popolare in India, il progresso accademico dell‘Ayurveda fu ben coltivato sia dagli indù che dai buddisti. Vennero fatte anche notevoli aggiunte alla sua letteratura. In particolare, è da notare il commentari che Nagarjuna, uno dei più famosi saggi della tradizione buddista Mahayana, compilò su Sushruta. Ma la cosa più pregevole, di questo periodo, furono gli sforzi organizzati che vennero fatti per rendere questa scienza il più possibile accessibile.
Vennero piantate erbe medicinali lungo i bordi delle strade, di modo che tutti potessero servirsene liberamente. Furono costruiti molti ospedali.
L‘assistenza infermieristica, descritta da Charaka, venne largamente praticata e resa sistematica.

Assieme ai missionari buddisti, la conoscenza dell‘Ayurveda e della cultura indiana si diffuse oltre i confini
dell‘India. Le nazioni del mondo civilizzato di allora — incluse Roma, la Grecia e la Cina — provavano una forte attrazione per l‘India e studenti da tutti questi paesi accorrevano per imparare le scienze e le arti di questa terra. I sistemi medici della Grecia e di Roma conservano ancora segni inconfondibili dell‘influenza dell‘Ayurveda.
L‘India era considerata la culla del sapere e molti filosofi e studiosi visitavano l‘India per approfondire i loro studi, proprio come al giorno d‘oggi molte persone visitano l‘Europa o l‘America. Anche la scienza veterinaria era largamente diffusa. Nagarjuna gettò le basi del Rasa Shastra o l‘impiego delle preparazioni alchemiche.
Una varietà di preparazioni farmaceutiche di medicine Rasa, preparazioni speciali di mercurio, zolfo e altri minerali, incluse sostanze velenose, furono a quel tempo introdotte nel trattamento.

La gloria medica dell‘India raggiunse, in quell‘epoca, il suo massim splendore. Nell‘ottavo secolo d.C., alcuni medici ayurvedici indiani furono invitati a Jundishapur e a Baghdad, in Medio Oriente, per venire consultati e a loro fu affidata la cura degli ospedali del luogo. Durante questo periodo la cultura dell‘India si diffuse oltreoceano a sud e oltre le montagne e le pianure al nord. L‘India allargata di quel tempo includeva il Tibet, gran parte dell‘Indocina e dell‘Indonesia a est e si estendeva verso ovest passando per l‘Afghanistan e fino alla Persia. Questa India allargata non fu costruita tramite conquista militare, ma grazie a pii e umanitari monaci e yogi che portavano con sé la sacra conoscenza e i mezzi per recare guarigione, sia spirituale che fisica.

Dal secondo secolo in poi troviamo un crescente interesse per il Rasakriya o chimica farmaceutica. Durante i sei secoli che seguirono quello studio si ampliò in una scienza vera propria (la Medicina Siddha) che fu poi incorporata nell‘Ayurveda.

Vagbhatta

L‘autorità più importante nell‘Ayurveda, subito dopo Charaka e Sushruta, è Vagbhatta di Sind, che visse attorno al settimo secolo d.C. Il suo trattato, l‘Ashtanga Hridaya, presentava un compendio di Charaka e di Sushruta con l‘aggiunta di informazioni provenienti da altri scrittori ayurvedici come Agnivesha, Bhela e Harita.
Egli aggiornò la conoscenza dell‘Ayurveda introducendo una varietà di nuove erbe e apportando notevoli modifiche e aggiunte al campo della chirurgia. Egli riuscì nel suo intento nonostante le forti opposizioni da parte della scuola ortodossa.
L’Ashtanga Hridaya è suddiviso in sei sezioni e contiene 7.444 versi in 120 capitoli. Il testo è tutto in versi.
Fu durante questo periodo che i testi ayurvedici principali vennero tradotti in lingua araba. Il sistema di medicina Unani, che gli arabi svilupparono a partire dalla più antica medicina greca era in larga misura fondato sulla conoscenza ayurvedica proveniente dall‘India. Il sistema Unani indiano, che si sviluppò durante il governo musulmano in India, non perse mai il contatto con la sua fonte originale. L‘invasione musulmana in India, che incominciò realmente nell‘undicesimo secolo e risultò in una serie di guerre che durarono fino al diciottesimo secolo, causò un declino dell‘Ayurveda. La violenza del conquistatore e le sue crociate antiindù e anti—buddista indebolirono radicalmente la vecchia cultura e rese ro difficile il mantenimento delle arti e delle scienze al livello elevato in cui si trovavano prima di allora.